Zaffiro naturale

Lo zaffiro è una varietà del minerale corindone (ossido di alluminio) e deve il proprio colore principalmente alla presenza di tracce di ferro e titanio.
Oltre allo zaffiro, il minerale corindone può presentare molte altre colorazioni, ad esempio rosso (rubino) e rosa arancio (padparadscia).

esempi di varietà di corindone

Lo zaffiro, come altre varietà di corindone, può presentare asterismo; ciò è dovuto alla presenza di inclusioni aghiformi orientate che riflettono la luce e danno origine a una stella a sei raggi, evidenziata da un taglio a cabochon opportunamente orientato.
In questo caso si parla di “zaffiro stellato” o “asteria”.

Lo zaffiro, come il rubino, ha durezza 9 nella scala di Mohs, secondo solo al diamante che ha durezza 10.

È molto resistente all’abrasione e acquisisce una buona lucentezza se lavorato e polito correttamente.

Non è una gemma fragile e non crea problemi durante la lavorazione in oreficeria.

Durezza9 (scala di Mohs)
Densitàda 3,99 a 4,01
Indice di rifrazionenω 1,757-1,770     nε 1,765-1,779
Birifrangenzada -0,008 a -0,009
Caratteristiche ottichebirifrangente, uniassico
Pleocroismoda nulla a marcata

Uno zaffiro è spesso riconoscibile anche grazie alle sue inclusioni, osservabili al microscopio o alla lente a 10x.
Negli zaffiri sono frequenti le inclusioni fluide ad ala, zonature di colore anche ad angolo di 120°, oltre a inclusioni cristalline e piani di geminazione.

Di seguito alcune immagini di inclusioni tipiche nello zaffiro, fotografate al microscopio.

Tessitura a “pieghe stropicciate”
Cristalli e inclusioni fluide ad ala
Zonature di colore ad angolo di 120°
Zonature di colore ad angolo di 120°
Inclusioni cristalline, ali fluide e aghi sottili
Inclusioni cristalline, ali fluide e aghi sottili
Inclusioni fluide e inclusioni minute in bande
Inclusioni fluide e inclusioni minute in bande
Cristalli e inclusioni fluide
Cristalli e inclusioni fluide
Aghi di rutilo a 120°

In alcune località gli zaffiri si estraggono direttamente dalla roccia in cui si sono formati (si trovano cioè in giacimenti primari), ma per la maggior parte vengono estratti da giacimenti secondari, cioè da depositi che si sono formati in seguito al trasporto ad opera di corsi d’acqua ed alla successiva deposizione del minerale.
I corindoni si formano principalmente per segregazione magmatica da un fuso o per fenomeni di metamorfismo di contatto di rocce ricche in alluminio.

Gli zaffiri storicamente più famosi provengono dalla regione del Kashmir. Si trovano in una remota zona situata a nord-est dell’India a circa 4500 metri di altitudine dove l’estrazione è limitata e resa complessa dalle difficoltà di accesso e dalle condizioni climatiche. La caratteristica principale che ha contribuito alla fama degli zaffiri del Kashmir, oltre al colore blu intenso, è l’aspetto vellutato delle pietre, caratterizzate da una leggera lattescenza dovuta ad un numero elevato di inclusioni finissime. Molto apprezzati sono anche gli zaffiri provenienti dal Myanmar (già Birmania), famosi per il colore intenso e omogeneo, e quelli provenienti da Sri Lanka.
Lo zaffiro si rinviene anche in Australia (New South Wales e Queensland), Cambogia (Pailin), Cina, Colombia, Kenya, Laos, Madagascar, Tanzania, Tailandia, USA (Montana) e Vietnam. In Tailandia, importante centro per il commercio all’ingrosso di zaffiri naturali e trattati, è possibile acquistare zaffiri provenienti da tutto il mondo.
È bene sapere inoltre che la scoperta di nuovi giacimenti comporta l’immissione sul mercato, senza alcun preavviso, di gemme da nuove origini.

Molti degli zaffiri naturali e trattati provenienti da tutto il mondo sono commercializzati in Tailandia.

È molto importante segnalare che la provenienza geografica di una gemma non è sinonimo di qualità.
Da un giacimento possono essere estratte gemme meravigliose e altre di qualità bassa. È risaputo, ad esempio, che gli zaffiri estratti in Vietnam vengono talvolta portati di nascosto in Myanmar e lì venduti come gemme birmane per aumentarne il pregio.

Lo zaffiro, si riteneva avesse proprietà curative sostanzialmente illimitate. Si credeva ad esempio che conferisse coraggio e audacia al suo possessore; spesso, inoltre, fu assunto a simbolo di purezza e fedeltà d'animo.

Tra le pietre celebri ricordiamo che nel Tesoro della Corona inglese sono conservati due grossi zaffiri di notevole importanza storica: lo "Zaffiro Stuart" e lo "Zaffiro di San Edoardo".

Zaffiro di San Edoardo

Zaffiro di San Edoardo

Trattamenti

Più del 95% degli zaffiri oggi in commercio ha subìto almeno un processo migliorativo.
gli zaffiri possono essere sottoposti a diversi procedimenti per migliorarne il colore e la trasparenza, di conseguenza la dichiarazione corretta dei trattamenti cui è stata sottoposta una gemma è indispensabile per una corretta classificazione del materiale. La maggior parte dei trattamenti a cui è sottoposto lo zaffiro hanno effetti stabili e duraturi.

I procedimenti modificatori più utilizzati per gli zaffiri sono:
Riscaldamento e riscaldamento con diffusione di elementi chimici estranei (termodiffusione).
Meno frequenti il riempimento di fessure e cavità con vetro al piombo, tintura e ricopertura

A parità aspetto, una gemma che non ha subìto alcun tipo di trattamento è sicuramente più pregiata di una gemma in qualche modo modificata.


La colorazione di uno zaffiro può essere cambiata e/o migliorata per mezzo di riscaldamento in atmosfera controllata (ossidante o riducente). Di solito si cerca di intervenire per rendere il colore più scuro per le gemme troppo chiare e rendere più chiaro il colore troppo scuro. È inoltre importante eliminare le sfumature di colore indesiderate (verde e bruno).
Mediante riscaldamento può essere migliorata anche trasparenza di una gemma, in quanto alcune inclusioni possono essere sensibili al trattamento termico ed essere rese meno visibili.

Gli zaffiri riscaldati devono essere classificati con la dizione “evidenze da riscaldamento” oppure “riscaldato”, come indicato sul Foglio Informativo LMHC n. 7 (Info Sheet #7 – Corundum)

Riscaldamento con diffusione di elementi chimici estranei (termodiffusione)

Spigoli “ripassati” in uno zaffiro termodiffuso fotografato al microscopio
Spigoli “ripassati” in uno zaffiro termodiffuso fotografato al microscopio

Si tratta di un procedimento modificatore con apporto di elementi chimici, messo a punto e utilizzato su larga scala già a partire dai primi anni 80 del secolo scorso. Durante il processo di termodiffusione si riscaldano i corindoni, già sfaccettati, fino a temperature di 1900°C e oltre; contemporaneamente si immettono elementi estranei nella gemma. Solitamente gli elementi penetrano negli strati più superficiali e in questo modo si ottiene un cambiamento sostanziale del colore. Il grado di penetrazione del colore indotto nel corindone può avere spessore da circa 0,004 mm a 0,4 mm e oltre. Con spessore di 0,004 mm il colore è strettamente limitato all’andamento delle faccette. Una rilucidatura della gemma può asportare tutto lo strato colorato.

Quando lo spessore dello strato colorato raggiunge spessori di circa 0,4 mm, il processo viene anche chiamato “deep diffusion”. Gli zaffiri termodiffusi presentano un colore molto omogeneo e uniforme. Le gemme più adatte a questo processo sono prive di fessure e presentano poche inclusioni. Nella termodiffusione “classica” l’elemento cromoforo che viene immesso è il titanio. Per gli esperti l’identificazione è relativamente semplice, in quanto è sufficiente osservare la gemma al microscopio con particolari accorgimenti.
È possibile che questo tipo di processo sia applicato anche a cristalli di corindone (grezzi o preformati). In questo caso il riconoscimento è più difficile.
Dopo l’anno 2000 è stato messo a punto un processo di termodiffusione con elementi leggeri, non cromofori, quale ad esempio il berillio. Inizialmente tale trattamento era utilizzato per i corindoni gialli e rosa arancio (padparadscia), mentre in seguito è stato applicato anche per ottenere zaffiri e rubini.
Questo secondo tipo di termodiffusione è difficilmente identificabile con la strumentazione gemmologica di base, in quanto gli spigoli non presentano colorazione più intensa. Per l’identificazione in molti casi è necessario ricorrere ad analisi avanzate

La termodiffusione deve essere dichiarata citando sia il riscaldamento sia la presenza elementi estranei.
Il Foglio informativo LMHC n. 2 riporta la descrizione e la nomenclatura da applicare.

Zaffiro senza alcuna evidenza di riscaldamento

ZAFFIRO
SAPPHIRE

Commenti Non si osservano esiti da riscaldamento
Comments No indications of heating

Zaffiro con evidenze da riscaldamento

ZAFFIRO
SAPPHIRE

Commenti evidenze da riscaldamento
Comments indications of heating
Diciture riferite al Foglio Informativo LMHC # 7
Wording referred to LMHC Info Sheet # 7

Zaffiro con evidenze di termodiffusione

ZAFFIRO
SAPPHIRE

Commenti Evidenze da riscaldamento, colore modificato per diffusione di elementi chimici dall'esterno
Comments Indications of heating, colour modified by diffusion of chemical elements from an external source

Diciture riferite al Foglio Informativo LMHC # 2
Wording referred to LMHC Info Sheet # 2

Zaffiro sintetico e gemme simili

I primi zaffiri sintetici (con composizione chimica e caratteristiche fisiche analoghe a quelle del corrispondente naturale) furono prodotti in laboratorio all’inizio del XX secolo con il metodo di fusione alla fiamma.

La tecnica di fusione alla fiamma fu messa a punto dagli scienziati francesi Fremy e Verneuil per la produzione del rubino sintetico alla fine del XIX secolo. Lo zaffiro fu ottenuto diversi anni dopo perché gli scienziati non erano riusciti a ottenere una colorazione ottimale.
Per ottenere lo zaffiro sintetico è necessario aggiungere piccole quantità di elementi cromofori (in questo caso ferro e titanio). Il metodo di sintesi permette di ottenere cristalli anche di grandi dimensioni a forma di bottiglia rovesciata (boule).
Gli zaffiri sintetici prodotti con il metodo di fusione alla fiamma sono riconoscibili al microscopio, analogamente ai rubini, perché presentano caratteristiche interne molto tipiche: strie curve di accrescimento accompagnate talvolta da bolle di gas.

Alcune boule di corindone sintetico
Alcune boule di corindone sintetico
Quattro zaffiri sintetici
Quattro zaffiri sintetici
Zaffiro sintetico al microscopio: si notano bande di accrescimento curve
Zaffiro sintetico al microscopio: si notano bande di accrescimento curve
Inclusioni fluide in Zaffiro sintetico idrotermale
Inclusioni fluide in Zaffiro sintetico idrotermale

Oltre al metodo di fusione alla fiamma, durante la prima metà del secolo scorso fu ripreso il metodo di sintesi di fusione con fondente, applicato diversi anni prima per la produzione delle primissime sintesi del rubino.
Questo metodo consiste nel far fondere il materiale in un crogiolo di platino mediante l’impiego di sostanze in grado di abbassare il punto di fusione.
Gli zaffiri prodotti con il metodo di fusione con fondente presentano caratteristiche fisiche pressoché identiche al corrispondente naturale e sono identificabili da un esperto solo mediante strumentazione gemmologica.

Oltre a inclusioni di fondente, gli zaffiri prodotti con questo metodo possono presentare minute laminette esagonali o triangolari e zonature di colore.

Zaffiri sintetici possono essere prodotti anche con altri metodi (ad es. metodo idrotermale). Queste sintesi presentano in molti casi caratteristiche difficilmente distinguibili dai corrispondenti naturali anche dagli esperti. Per l’identificazione certa è spesso necessario ricorrere a strumentazione avanzata.

Materiali simili allo zaffiro possono essere:

  • minerali (altre gemme naturali)
  • prodotti artificiali (creati in laboratorio, senza corrispondente naturale) e sintetici (creati in laboratorio, con composizione chimica e struttura analoga al corrispondente naturale)
  • pietre composite (doppiette e triplette)

Tanzanite
Tanzanite
Cordierite (Iolite)
Cordierite (Iolite)
Doppietta granato su vetro fotografata al microscopio
Doppietta granato su vetro fotografata al microscopio

Tra i minerali di aspetto simile allo zaffiro troviamo cordierite (iolite), spinello, tormalina, zoisite blu-viola (tanzanite), cianite e molti altri: spesso il colore di queste pietre è identico a quello dello zaffiro e a prima vista possono essere facilmente confuse.
Il rilievo delle caratteristiche fisiche (ad esempio indice di rifrazione) permette di identificarle senza difficoltà.

Lo zaffiro può essere confuso anche con alcuni prodotti sintetici, Tra questi il vetro artificiale blu. Il vetro, oltre ad avere caratteristiche fisiche diverse, spesso presenta bolle e linee fluidali, visibili anche con una lente a 10 x.

Le pietre composite che imitano lo zaffiro possono essere costituite da più materiali. Esempi: doppietta di granato su vetro artificiale blu oppure doppietta di zaffiro naturale su zaffiro sintetico.

Pietra composita

Caratteristiche commerciali

Il peso (massa) degli zaffiri e in generale delle pietre preziose si esprime in carati (simbolo ct).
Le relazioni che regolano il grammo con il carato sono:

0,2 g = 1 ct    e dunque    1 g = 5 ct

In conformità con l'uso commerciale, il peso deve essere riportato con due decimali. In fase di approssimazione, la seconda cifra decimale viene arrotondata alla cifra superiore solo se la terza decimale è 9. Ad esempio:

1,5400    diventa    1,54

1,5460    diventa    1,54

1,5490    diventa    1,55

Il colore dello zaffiro può variare da blu molto chiaro a blu scuro, e può presentare sfumature viola o verdi più o meno marcate.

Ecco alcuni esempi di zaffiri con diverse colorazioni.

zaffiro colore

In generale le sfumature di colore più apprezzate presentano buona saturazione e non sono né troppo chiare, né troppo scure. La gemma osservata dalla tavola dovrebbe mostrare colore distribuito omogeneamente.

Corindoni di diversi colori
Corindoni di diversi colori

La norma italiana UNI 10245 - Nomenclatura dei materiali gemmologici - stabilisce che la parola “zaffiro” corrisponde alla varietà blu del minerale corindone. In lingua inglese, invece, i corindoni di colore diverso dal rosso-porpora (rubini) e dal rosa-arancio (padparadscia) sono chiamati commercialmente “sapphire”. È consuetudine indicare con la sola parola “sapphire” esclusivamente i corindoni blu, mentre per gli altri si aggiunge anche la colorazione (pink sapphire, yellow sapphire, e così via).

Oggi lo zaffiro si può trovare tagliato nelle forme più diverse. Le forme ovale, rettangolare arrotondata (anche chiamata “a cuscino”), rotonda, a cuore, a goccia, rettangolare o quadrata a contorno ottagonale sono le più frequenti.

zaffiro taglio
 aghi di rutilo inclusi in uno zaffiro
A sinistra: aghi di rutilo inclusi in uno zaffiro A destra: zaffiro stellato

Le pietre semitrasparenti sono spesso tagliate a superficie curva (cabochon). Se all’interno di uno zaffiro vi sono molte inclusioni di aghi di rutilo incrociate a 120° e la gemma è tagliata secondo un determinato orientamento e è possibile osservare l’effetto ottico dell’asterismo.

Zonature di colore visibili dalla tavola: caratteristica interna commercialmente non gradita
Zonature di colore visibili dalla tavola: caratteristica interna commercialmente non gradita

Lo zaffiro dovrebbe apparire perfettamente trasparente e non presentare inclusioni o discontinuità visibili a occhio nudo.
Gli esperti che esaminano le gemme con lente o microscopio possono invece rilevare quasi sempre la presenza di caratteristiche interne.
Zaffiri privi di caratteristiche interne sono quasi introvabili e non necessariamente considerati di pregio maggiore rispetto a una gemma con poche inclusioni visibili solo al microscopio.

Più del 95% degli zaffiri che si trovano sul mercato sono stati sottoposti a trattamento allo scopo di migliorarne le caratteristiche.
I vari trattamenti incidono diversamente sul pregio della gemma.

A parità aspetto, una gemma che non ha subìto alcun tipo di trattamento è sicuramente più pregiata di una gemma in qualche modo modificata.

In linea generale il semplice riscaldamento (trattamento termico), già conosciuto dalle civiltà antiche, è commercialmente accettato e considerato il meno “penalizzante” tra tutti. Il riscaldamento con diffusione di elementi chimici estranei (termodiffusione) (descritto nel Foglio Informativo LMHC #2) è considerato più penalizzante da un punto di vista commerciale.

La dichiarazione dei trattamenti deve seguire regole ben precise.
I fogli informativi LMHC danno linee guida in merito.
Per quanto riguarda lo zaffiro, i Fogli Informativi #2, e #7 riportano tutte le indicazioni per una corretta classificazione dei trattamenti più consueti.
È possibile che una gemma abbia subìto più trattamenti.
In questo caso la dichiarazione deve riportare le diverse casistiche.

Per approfondire leggi la sezione “trattamenti dello zaffiro”.

Gli zaffiri provenienti dallo stato del Kashmir in India sono molto rinomati, come anche quelli provenienti dalla regione di Mogok in Myanmar (già Birmania), da Sri Lanka e dal Madagascar.
Diversi giacimenti di zaffiro si trovano anche in Africa (Kenya, Malawi, Nigeria, Tanzania), Australia, Brasile, Cambogia, Colombia, Laos, Tailandia, USA (Montana), Vietnam. Molti degli zaffiri naturali e trattati provenienti da tutto il mondo sono commercializzati in Tailandia.

È molto importante segnalare che la provenienza geografica di una gemma non è sinonimo di qualità. Da un giacimento possono essere estratte gemme meravigliose e altre di qualità bassa.
È risaputo, ad esempio, che gli zaffiri estratti in Vietnam vengono talvolta portati di nascosto in Myanmar e lì venduti come gemme birmane per aumentarne il pregio.

Per approfondire leggi la sezione “Dove si trova - giacimenti”.

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